L’intervento del Presidente del Consiglio Pri, da sempre forza di progresso Intervento del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al 46° Congresso del Pri. Credo che stiamo tutti con il cuore sospeso per quello che sta succedendo sulla sponda africana del Mediterraneo. Ho notizie fresche di qualche minuto: sembra che effettivamente Gheddafi non controlli più la situazione. Molti diplomatici, come avete visto ieri all’Onu, hanno già lasciato la squadra di governo e anzi hanno proposto delle denunce contro quello che sta succedendo ora. Io sono qui questa mattina perché mi ha invitato il mio amico Nucara, ed io ho sempre avuto nei suoi confronti una stima, una simpatia, sono legato da tempo a lui che ha partecipato al mio precedente governo e quindi sono stato contento di questo invito, ma sono qui soprattutto per quello che il Partito Repubblicano ha rappresentato nella storia del nostro Paese. La vostra bandiera repubblicana è una bandiera che non è mai stata ammainata, e mi fa molto piacere di poter dire che in tutto questo periodo - che mi ha visto o al governo o all’opposizione - la vostra bandiera si è sempre collocata accanto a quella di Forza Italia e oggi accanto a quella del Popolo della Libertà. Grazie davvero a voi, e questo credo che sia avvenuto per una cosa molto naturale: perché la storia e le idee del Partito Repubblicano sono idee da noi condivise, sono soprattutto idee che hanno vinto. Oggi sono ancora fonti di ispirazione per tutti coloro che intendono rinnovare il Paese. Nella storia d’Italia il vostro partito ha rappresentato una coscienza critica, la sentinella della nostra appartenenza all’Occidente, il missionario di quella modernizzazione economica e istituzionale di cui l’Italia aveva ed ha ancora gran bisogno. Il Partito Repubblicano ha rappresentato una minoranza politica, è stato stretto fra due colossi su cui si è retto per lungo tempo il sistema politico italiano, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista. Ma l’influenza del Partito repubblicano è stata infinitamente più grande della sua forza elettorale. Se l’Italia è diventata dopo la guerra una grande potenza industriale, lo si deve anche alle idee del Partito Repubblicano e in particolare al ruolo di governo svolto da esponenti politici come Ugo La Malfa, che ha avuto il merito di introdurre in Italia il metodo e i contenuti di una politica liberale di modernizzazione e di europeizzazione. Per fare un solo esempio, l’impegno per assicurare il rigore della finanza pubblica in un periodo in cui il cosiddetto consociativismo, cioè il sostanziale accordo fra maggioranza e opposizione sulle leggi di spesa, ha moltiplicato enormemente il debito dello Stato: questo impegno al rigore è stato per tanti anni una bandiera dei Repubblicani. In altre parole ci dobbiamo sentire debitori verso la vostra storia e siamo fieri di collaborare con voi che siete gli eredi diretti della tradizione repubblicana. E mi piace ricordarlo proprio in questi giorni alla vigilia delle celebrazioni per 150mo anniversario dell’Unità Nazionale. I repubblicani sono una grande tradizione politica e culturale che risale al Risorgimento, sono quindi una parte essenziale della storia della Nazione Italiana. Da Mazzini a Ugo La Malfa, i repubblicani sono stati, insomma, una forza costante di rinnovamento, di riforme, e insieme di rigore, di senso dello Stato, di senso di responsabilità e di amore per la Patria. Sono concetti questi che è importante richiamare in un momento nel quale le vicende internazionali ci pongono ancora una volta davanti a scelte gravi per il futuro del nostro paese. Gli eventi drammatici del nord Africa ci pongono davanti a scenari nuovi e assolutamente imprevedibili. Sta cambiando velocemente lo scenario geopolitico di una parte del mondo e l’Italia si trova coinvolta direttamente, più di ogni altro paese dell’Europa e dell’Occidente, con questa parte. Nessuno aveva previsto quello che sta succedendo in questi giorni in Libia. Nessuno aveva previsto quello che è successo nelle scorse settimane in Tunisia e in Egitto. Nessuno è in grado di prevedere quello che succederà da qui in avanti. E se tutti sono d’accordo sulla necessità assoluta di porre fine al più presto ad un bagno di sangue raccapricciante, se tutti sono d’accordo sul fatto che le aspirazioni di libertà del popolo libico, come di tutti gli altri popoli arabi, vanno sostenute, non solo a parole ma possibilmente con atti concreti, va detto che per noi il futuro è pieno di incognite gravi. Potremmo avere nei prossimi mesi, sulla sponda sud del Mediterraneo – speriamolo - stati più liberi e democratici, molto più liberi di quanto mai sia accaduto nella loro storia. Ma potremmo anche trovarci - a pochi chilometri dalle coste italiane - centri pericolosi di integralismo islamico. Potremmo dover fare i conti con una emergenza umanitaria senza precedenti, con l’afflusso improvviso di decine di migliaia di persone in condizioni disperate. L’Europa e l’Occidente - quindi - non possono rimanere spettatori di questi processi. Ma soprattutto non possiamo farlo noi perché, dagli eventi di queste settimane, dipendono i nostri rapporti commerciali, le nostre forniture energetiche, la nostra stessa sicurezza. Di fronte a tutto questo un supplemento di senso di responsabilità, direi di senso dello Stato, e di comune consapevolezza delle grandi questioni che abbiamo di fronte, sarebbe assolutamente doveroso. E’ quello che il governo si aspetta da tutte le forze politiche responsabili. E’ desolante invece dover assistere alle polemiche di questi giorni che sono polemiche provinciali, ai piccoli tentativi di utilizzare quanto avviene per attaccare il governo su scelte di politica estera che fanno parte della nostra storia e degli interessi del nostro paese, politiche che sono state condivise da tutti i governi di tutti gli schieramenti. Una classe dirigente seria, di fronte all’emergenza e alle situazioni difficili, si deve unire. Noi invece continuiamo ad avvitarci in una polemica mediocre, in quel teatrino della politica che io ho denunciato tante volte e che non si decide mai ad abbassare il sipario neppure di fronte alle tragedie della storia. Per questo apprezzo particolarmente voi repubblicani che oggi, come tante altre volte, manifestate di avere il senso della storia, il senso della responsabilità nazionale, il senso delle istituzioni. L’Italia, lo sapete bene, non ha bisogno di instabilità, non ha bisogno di tensioni, non ha bisogno di un conflitto eterno. Ha bisogno di essere governata. Specie nelle emergenze. E poi ha bisogno di tante altre cose: di un processo riformatore al quale noi intendiamo dedicare il resto della legislatura. E’ un processo riformatore coerente con l’impegno che abbiamo assunto con gli elettori e sulla base del quale abbiamo ricevuto il voto degli italiani. E’ quindi un processo che la maggioranza, forte dei numeri che abbiamo in Parlamento, ha il diritto ed ha il dovere di realizzare. Ma è un processo che vorremmo condividere con una opposizione responsabile, una opposizione di tipo europeo, capace di svolgere la sua funzione nella distinzione dei ruoli, con severità, certo, con rigore, ma con spirito di solidarietà civica, quello spirito che viene definito, non a caso, repubblicano. Purtroppo, lo sapete, siamo lontanissimi da questo. L’opposizione con cui ci troviamo a doverci confrontare non ha mai rinunciato all’illusione della spallata, al tentativo di affidarsi alla magistratura, alle manovre di palazzo per ottenere quei risultati che non è in grado di ottenere nelle urne. Ma per questa strada io credo che non andranno da nessuna parte. E noi non verremo meno alle nostre responsabilità verso il Paese, alla grande responsabilità e al grande onore di guidare l’Italia fuori dalla crisi, al compito di guidare la nostra Patria verso un modello istituzionale più efficiente, più garantista, più vicino ai cittadini; al dovere di guidare la Nazione verso un futuro di sicurezza, di libertà, di certa democrazia e, naturalmente, di pace. Vi ringrazio ancora una volta. |